L’avvento dell’intelligenza artificiale – in modo particolare l’intelligenza artificiale generativa con i sistemi per la creazione di testi, immagini, audio e video (di cui ChatGPT di Open AI è sicuramente il più popolare al momento) – ha sollevato diversi problemi e sfide in materia di proprietà intellettuale.
Problemi e sfide cui l’Unione Europea ha provato a rispondere con l’approvazione dell’Artificial Intelligence Act. Noto con il nome di AI Act questo regolamento mira, tra gli altri, a offrire tutele sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale e a impedirne l’uso per manipolare o sfruttare la vulnerabilità degli utenti.
Scopo del regolamento è quello di garantire la sicurezza e il rispetto dei diritti fondamentali senza per questo impedire la promozione dell’innovazione. Approvato lo scorso 13 marzo 2024 con 523 voti favorevoli (46 contrari e 49 astenuti) e che entrerà in vigore nei Paesi UE entro i prossimi 6-36 mesi vediamo cosa prevede questo testo per molti aspetti apripista (è il primo testo legislativo al mondo su questo argomento) per quel che riguarda la tutela dei diritti di proprietà intellettuale.
L’AI Act per la proprietà intellettuale
Uno dei primi punti affrontati dall’AI Act riguarda proprio i sistemi di intelligenza artificiale di tipo generativo che per il loro addestramento hanno bisogno di grandi dataset. Nel corso degli ultimi mesi non sono mancate le polemiche su come per allenare i sistemi di AI si siano utilizzati contenuti protetti dal diritto d’autore. Il caso forse più eclatante è stato quello del New York Times che ha fatto causa a OpenAI e Microsoft per l’utilizzo di milioni di articoli del giornale come materiale per l’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale.
Sebbene l’AI Act non preveda in questo senso norme specifiche richiama il rispetto della già esistente Direttiva Copyright, ovvero la Direttiva dell’Unione Europea 790/2019 che si occupa dello scraping delle banche dati, ovvero l’estrazione dei dati dalle pagine web per poi raccoglierli in database per essere analizzati. Per la normativa europea questo tipo di attività è considerato lecito e non necessita dell’autorizzazione dei titolari dei diritti se è finalizzata a scopi scientifici. Discorso diverso, invece, per tutti gli altri casi per cui l’estrazione dei dati può avvenire solamente previa autorizzazione da parte dei titolari dei diritti su quei dati.
L’AI Act prevede invece espressamente che i fornitori dei servizi di intelligenza artificiale rendano disponibile una sintesi dei contenuti che utilizzano per l’addestramento dei propri modelli. A tale scopo l’European AI Office (l’Ufficio Europeo per l’Intelligenza Artificiale) ha previsto uno specifico template che, anche se non esaustivo dal punto di vista tecnico, dovrà tenere conto del rispetto delle informazioni aziendali riservate e della protezione dei segreti commerciali.
L’Artificial Intelligence Act prevede invece obblighi specifici per i diritti d’autore. Questi dovranno essere rispettati sempre da qualsiasi fornitore che distribuisce nell’Unione Europea un sistema di intelligenza artificiale, a prescindere da dove questo sistema è stato addestrato. Il fornitore dovrà anche prevedere una policy che rispetti la legislazione europea in materia di diritto d’autore. Scopo di queste misure è prevedere condizioni di equità tra i diversi fornitori, anche quelli che provengono da Paesi nei quali la relativa giurisdizione è meno stringente rispetto a quelle previste nell’Unione Europea.
Questo è solo il primo passo e la prima versione dell’AI Act che, inevitabilmente, dovrà essere sottoposto alla “prova dei fatti” e vedere quali potranno essere le successive modifiche necessarie per assicurare un livello sempre maggiore di protezione della proprietà intellettuale.