Parliamo di politica. O, meglio, rivolgiamoci a coloro che si vogliono intraprendere questa grande avventura o, praticandola da tempo, capire quali sono le tutele legali legate al marchio di un partito politico. Parliamo spesso e si sente spesso porre l’attenzione sui segni distintivi delle imprese, di prodotti e servizi, ma anche il marchio di un partito politico ha una sua importanza e riconoscibilità. Anzi, la storia del nostro Paese è stata caratterizzata da simboli specifici che anche a distanza di anni, soprattutto i meno giovani e gli studenti delle discipline storiche, sono facilmente riconducibili a quel partito, a quell’area politica o a quel singolo esponente.
La preparazione a un appuntamento elettorale, poi, è l’occasione per molti movimenti e partiti di nuova costituzione di pensare a un nuovo marchio e, per quelli esistenti, valutare modifiche e aggiornamenti anche in funzione di eventuali alleanze o cambiamenti importanti.
Questioni preliminari alla registrazione di un marchio di un partito politico
Prima di addentrarci nella questione vera e propria della registrazione di un marchio politico è doveroso precisare che, di per sé, per questi segni distintivi non esiste una disciplina che ne regolamenti la tutela. A oggi la giurisprudenza ha fatto riferimento alla disciplina dei dei segni distintivi facendo riferimento al Codice della Proprietà Industriale e la disciplina dei diritti della personalità, con riferimento al Codice Civile. Nel primo caso la giurisprudenza riconosce tutele al marchio di un soggetto politico che svolge attività di carattere commerciale, mentre il Codice Civile riconosce il cosiddetto diritto al nome, fondamentale nei confronti degli elettori per essere riconosciuti.
In assenza di una disciplina univoca non sempre si è rivelato semplice e lineare il ricorso alla registrazione del marchio di un partito politico, essendoci diverse leggi che sembrerebbero impedirne la possibilità. Non a caso la prassi è stata sempre quella di rivolgersi al Ministero dell’Interno per ottenere la registrazione dei simboli politici.
La sentenza del Tribunale di Roma
A fine 2021, il Tribunale di Roma si è espresso su una vicenda in materia di tutela del marchio politico.
La sentenza fa riferimento alla richiesta del Partito Liberale Italiano (PLI), regolarmente presente nel Registro nazionale dei partiti politici, di far cessare l’utilizzo del marchio figurativo e denominativo del Partito Liberale Europeo (PLE) in quanto l’utilizzo di quel marchio era in violazione di quello del PLI registrato in precedenza.
La questione, però, non dipende da un semplice aspetto cronologico, tanto che la replica del PLE è stata quella che il marchio del PLI era privo di novità, utilizzava parole di linguaggio comune e la denominazione era meramente descrittiva.
Il Tribunale di Roma, esaminando la questione, ha stabilito che entrambi i marchi sono composti da parole descrittive e per questo poco distintive. Inoltre l’unica diversità tra i due marchi (che condividono l’uso dei termini partito e liberale) è quella dei termini italiano ed europeo e per il Tribunale di Roma tale differenza non costituisce un elemento valido per escludere il rischio di errata identificazione e confusione dei due partiti coinvolti. Anche perché entrambi i partiti potrebbero partecipare contemporaneamente alla medesime elezioni europee determinando una confusione per l’elettore. Confusione che non si verificherebbe se i due partiti utilizzassero un termine descrittivo tale da indicare un diverso Paese di operatività (Partito Liberale Italiano e Partito Liberale Francese, per esempio).
Alla luce di queste valutazioni il Tribunale di Roma ha ordinato l’immediata cessazione dell’uso del simbolo (in qualsiasi forma e mezzo) del Partito Liberale Europeo.
Dunque, anche per il marchio di un partito politico valgono le stesse regole previste per il marchio di impresa, ragion per cui al fine di evitare il rischio di vedersi rigettata la domanda di registrazione è opportuno rivolgersi, anche in questo caso, a un professionista della materia.