La contraffazione, solo nel mercato interno del nostro Paese, determina un fatturato totale superiore a 6 miliardi di euro sottraendo al sistema economico legale nazionale circa 92mila unità di lavoro a tempo pieno che corrispondono allo 0.4% dell’occupazione complessiva nazionale. Con la contraffazione lo Stato perde quasi 5 miliardi di euro di entrate erariali (circa il 2% di tutte le entrate) e i settori maggiormente coinvolti sono quelli degli accessori, dell’abbigliamento e delle calzature. Questi alcuni dei numeri riferiti dal Rapporto sulle politiche anticontraffazione 2020-2021 della Direzione Generale per la Tutela della Proprietà Industriale dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM).
Anche alla luce di questi dati è importante comprendere la materia e il sistema di calcolo del risarcimento per la contraffazione di marchi e brevetti. Una realtà che interessa tutti gli imprenditori considerando come il marchio sia il principale segno distintivo mediante il quale aumentarne il valore sul mercato di riferimento.
La normativa di riferimento
In Italia il Codice della Proprietà Industriale (art. 125) è stato riformato affinché sia più semplice ottenere il giusto risarcimento in conseguenza della contraffazione. . Infatti prima della riforma del CPI, i processi erano particolarmente lunghi e il risarcimento aveva un ammontare pressocché simbolico.
Il metodo di calcolo del risarcimento
Con le modifiche della normativa e sulla base dell’orientamento della giurisprudenza vi è oggi il principio di riparare completamente il danno subito dalla contraffazione con l’obiettivo di ripristinare la situazione in cui il danneggiato si trovata precedentemente alla condotta illecita.
Concretamente vengono previste tre diverse modalità di quantificazione del risarcimento del danno. La prima modalità prevede di tenere in considerazione tutti gli aspetti inerenti quali il mancato guadagno, le conseguenze economiche negativi, benefici illegittimi ottenuti dall’autore della violazione e, se presenti, danni morali e di natura non economica.
Nella seconda modalità la quantificazione del danno viene effettuata tramite una misura forfettaria che tenga conto dell’importo che avrebbe dovuto essere riconosciuto nel caso in cui l’autore della violazione avesse richiesto e ottenuto l’autorizzazione per l’utilizzo del diritto di proprietà intellettuale sul prodotto o servizio in questione (c.d. metodo della giusta royalty).
Infine, esiste una terza modalità (c.d. retroversione degli utili) che prevede la restituzione degli utili realizzati dall’autore della violazione, che tuttavia si scontra spesso con le difficoltà pratiche di riscostruire gli effettivi introiti che ha incassato chi ha utilizzato il marchio o il brevetto altrui.
Va tenuto infine conto di come la disciplina del risarcimento danni da contraffazione sia in continua evoluzione. L’obiettivo è infatti anche quello di prevedere metodologie più adeguate alla tutela del soggetto leso anche in modo da rappresentare un deterrente serio per tutti i potenziali contraffattori.