Quando si valuta la registrazione di un marchio con tutti i suoi vantaggi in termini di utilizzo, tutela e riconoscibilità, bisogna tenere conto di diversi aspetti. Soprattutto quelli legati a ciò che per legge è possibile utilizzare come elemento distintivo del marchio. Non tutto, infatti, è possibile e così come abbiamo visto per l’utilizzo di nomi e cognomi vale anche per l’uso di nomi geografici.
La provenienza e la territorialità di un prodotto (basti pensare a quelli enogastronomici) ma anche di un’azienda è in molti casi un valore, che molti imprenditori, comprensibilmente, vorrebbero sfruttare a proprio vantaggio. Ma, come detto, bisogna fare diverse precisazioni.
Quando un marchio geografico è distintivo (e quando no)
L’ordinamento giuridico italiano prevede la possibilità di registrare marchi che contengano un nome geografico. Vi sono però due elementi da precisare. Il marchio con il nome geografico, innanzitutto, non deve generare confusione nel consumatore o, peggio, non deve trarlo in inganno. Parallelamente il marchio non può prevedere un’indicazione geografica generica. Questo perché verrebbe meno l’elemento distintivo come requisito imprescindibile per la registrazione di un marchio.
Inoltre va posta l’attenzione sul modo in cui il nome geografico compare nel marchio. Laddove vi fosse una denominazione d’origine falsa per cui il luogo di provenienza del prodotto (specialmente quelli per cui questo è un elemento rilevante e in grado di fare la differenza rispetto a prodotti merceologici simili) non coincidesse con quello indicato nel marchio, la registrazione non sarebbe possibile.
Sono consentiti nomi geografici di fantasia o quelli nei quali le indicazioni non indichino il contesto storico, artistico o naturale legato al nome. Discorso diverso, invece, nel caso in cui il nome geografico cui si fa riferimento è legato a una precisa area geografica dalla quale provengono solo e soltanto i prodotti legati al marchio che si intende registrare.
Quanto previsto dal Codice di Proprietà Industriale è volto a evitare che si venga a generare il monopolio di un unico soggetto. In un’area geografica più o meno grande, infatti, più aziende possono produrre lo stesso prodotto e non è possibile consentire che uno solo di questi soggetti usi la denominazione geografica per descrivere la provenienza del prodotto.
Liceità e divieto dell’uso dei nomi geografici nel marchio: esempi utili per capire
Come si può vedere la linea che demarca la liceità o meno dell’utilizzo di un nome geografico in un marchio registrato è molto sottile e alcuni esempi possono aiutare a capire i principi che disciplinano questa realtà. Il marchio Fabriano della celebre industria cartaria, per esempio, è possibile perché il luogo di produzione non è legato alle caratteristiche qualitative del prodotto.
All’opposto il marchio Radicchio Rosso di Gorizia non è stato considerato valido perché il marchio prevede la sola presenza della denominazione geografica senza la presenza di altri elementi distintivi. Oltre a essere una zona nota per la produzione di una varietà di radicchio rosso (la famosa Rosa di Gorizia) non esiste una sola azienda che si occupi della commercializzazione di questo radicchio.
Rimanendo nel settore dei prodotti enogastronomici, quelli più delicati in materia di uso dei nomi geografici, l’Amaro Montenegro è consentito in quanto il luogo è di fantasia e non legato alla zona di produzione del liquore. Invece il marchio Tesori del Sannio non è considerato valido perché i prodotti lattiero-caseari sono prodotti in Abruzzo e non in Campania, mentre il marchio Amaro Silano è lecito perché la Sila non è una zona notoriamente famosa per la produzione di queste piante.
Ancora una volta risulta chiaro come l’assistenza in materia di valutazione preliminare alla registrazione di un marchio si riveli indispensabile per evitare perdite di tempo (e di denaro) e conseguenti danni d’immagine di marchi che non è possibile utilizzare.